Nel mondo del clubbing italiano c’è di tutto e di più: ma fidatevi, il Sound Department di Taranto è davvero un caso più unico che raro. Lo è perché è una realtà fuori da tutte le rotte abituali della club culture nazionale più techno-oriented: Taranto non è Milano, non è Roma, non è Torino e, soprattutto d’inverno, non è nemmeno la Puglia viva, attiva, festaiola & popolatissima ventiquattro ore su ventiquattro della stagione estiva. È anche una città complessa: Il suo “gigante malato”, il complesso siderurgico che inquina l’aria ma è ancora vitale (usando un eufemismo…) per il sistema economico locale, è una continua Spada di Damocle posta sulla realtà del posto. Sound Department ha voluto creare una realtà forte, senza compromessi, che guarda alle culture emergenti europee più sofisticate ma lo fa con una accezione e con un piglio davvero “local” (a cominciare dall’impianto architettonico-logistico). Come le cose buone fatte in casa; fatte però con la rabbia illuminata di chi non vuole arrendersi al declino, o all’essere la periferia del mondo culturale e sociale. Ne abbiamo parlato con Marco Manzulli: il ritratto che ne esce è piuttosto interessante.
Facciamo un passo indietro, per chi non conosce la vostra storia. Quando, come e perché nasce Sound Department Ascolti? E quali sono stati i passaggi più significativi nella sua storia?
Il Sound Department è nato sette anni fa, all’inizio come un’esigenza personale e una voglia di provarci da solo, in un territorio difficile e ostico come Taranto. Oggi a Taranto ci vogliono venire tutti a far serate ed eventi: io ricevo settimanalmente due, tre proposte di collaborazione, insomma vuol dire che qualcosa di buono probabilmente l’abbiamo fatto. Il Sound Department ne ha passate tante, abbiamo superato dei momenti difficilissimi. Il Sound Department è come un bambino di Taranto: un bambino costretto a diventare grande molto velocemente perché nato in una realtà difficile che lo costringe a diventare grande anche se non vuole.
Avete ospitato una quantità enorme di ospiti, da quando il club è nato. Quali sono i guest che hanno lasciato il ricordo migliore, dal punto di vista umano?
Assolutamente Larry Heard. Quando riuscii a bookarlo aveva appena deciso di fare le prime dieci date nel mondo dopo vent’anni di assenza dai palcoscenici, e fra queste dieci scelse anche il mio club. Oltre ad esserne onorato, perché per me la sua musica è qualcosa che ha significato tantissimo, ho trovato di fronte a me un super artista con un umiltà ineguagliabile.
Quali sono le realtà in Italia che in qualche modo sentite più “vicine” come approccio, come modo di porsi, come intenzioni?
Goa in assoluto: alziamoci in piedi quando parliamo di un club come il Goa, aperto tre, quattro giorni a settimana con una programmazione perfetta. Che poi, la cosa curiosa è che ancora non ci sono mai entrato!
Fino a che punto l’Italia deve guardare all’estero, per ispirarsi alle realtà migliori, e quanto invece può essere sensato pensare di sviluppare una specifica “via italiana al clubbing”?
Il problema, io credo, non è guardare i nostri colleghi esteri, ma capire che noi abbiamo dei limiti che non ci permetteranno mai di avere un’importanza rilevante come i promoter\owner esteri. Siamo sinceri: noi abbiamo degli obblighi come qualsiasi azienda italiana che apre alle 9 del mattino e chiude alle 20, anzi, forse siamo uno dei settori più vessati da vincoli e controlli; ma le istituzioni non la pensano così. Per loro, siamo delle aziende che danno fastidio: apriamo le nostre aziende a mezzanotte, facciamo rumore, creiamo disordine pubblico. Me ne rendo conto dall’approccio diverso che tutti hanno con noi: pochi pensano che siamo degli imprenditori come tutti gli altri quali siamo, con oneri e onori quotidianamente. Per la maggior parte siamo degli “organizzatori di feste che si divertono”, e fin quando nella testa di tutti ci sarà questo pregiudizio credo sia un po’ prematuro parlare di paragoni l’estero o di farsi ispirare da esso.
Quali sono i nomi più interessanti che arriveranno da voi nelle prossime settimane?
La proposta techno che sto proponendo da circa un anno è ovviamente qualcosa che strizza l’occhio a questo nuovo fenomeno IBM, hard dance e trance, ma non mancheranno date con dei nomi leggendari come Speedy J e Laurent Garnier. La pista house consequenzialmente a quella techno sarà una proposta continua di nomi nuovi con una qualità a mio parere eccezionale. Anche qui però tra un nuovo fenomeno ed un altro ho inserito dei nomi ormai già consolidati: Moodymann, Mr G, Theo Parrish, Marcellus Pittman, Jayda G…
E intanto, ci prepariamo al grande reopening del 18 gennaio!
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