Intervista con i Modular Project: eleganza analogica

Un progetto caratterizzato da un’influenza new wave rock, suoni elettronici e sintetizzatori. Un ritorno al passato con un occhio verso il futuro 0

I Modular Project sono un giovane duo milanese che si sta facendo conoscere e apprezzare per un suono diverso dal comune. Il loro stile è influenzato da suoni New Wave e Rock tipici degli anni ’80 e le loro produzioni si sono fatte notare da molti esperti del settore. Abbiamo chiacchierato con loro su come è nato il loro progetto artistico e su quali siano le loro idee per il futuro.

 

 

Il vostro progetto è nato nel 2014 e può essere considerato relativamente nuovo. Come vi siete conosciuti e com’è nata l’idea di questo progetto?

Ci siamo conosciuti suonando come resident ad un party fuori Milano. Il nostro suono si somigliava molto e più volte ci è persino capitato di suonare gli stessi dischi. Per queste nostre note in comune, dopo una stagione a suonare insieme, abbiamo deciso di dare vita al progetto dei Modular Project. Dalla fine del 2013 fino a metà 2014 ci siamo chiusi in studio, mettendo da parte le serate e dedicandoci solo alle produzioni. Tutto si è concretizzato ed ufficializzato con la nostra prima uscita su Off Recordings, nel 2015. Leaf è stato il nostro primo EP forte, contenente due ottimi remix fra cui quello di Benjamin Fröhlich, di Permanent Vacation. Nello stesso momento siamo diventati resident del Volt, dove abbiamo suonato con artisti fra cui Mano Le Tough, Barnt, Ellen Allien, Scuba, Davide Squillace, Peggy Gou, Kiasmos e Nastia.

 

Con cosa lavorate principalmente e com’è organizzato il vostro studio?

Per produrre utilizziamo sintetizzatori analogici vintage, una nostra grande passione, e lavoriamo completamente in analogico. Il suono si differenzia molto dal digitale e nonostante ci siamo dei plug in davvero ottimi, preferiamo produrre utilizzando le macchine, toccandole con mano. Tra i sintetizzatori che utilizziamo abbiamo: il Polysix, la Juno 106, un Fender Rhodes, un Microkorg, l’MS20 mini ed altri. Fra le drum machine invece ci sono la 707 e la TR8 che emula la 909, la 808 e tutte le drum machine simili.

 

Come avete iniziato a collaborare con la label Rebirth Records?

La collaborazione con Rebirth è nata nel 2015 durante l’ADE. È stato quasi casuale perché ci siamo conosciuti per strada dopo una conferenza. Abbiamo iniziato a collaborare e poco dopo abbiamo realizzato il remix del disco Wizard of Love di Blod:ish, uscendo nella stessa compilation di Rampa e dei Red Axes. È rimasta nella top10 di Beatport per un mese nella sezione Deephouse e per noi è stata una soddisfazione incredibile. Oltretutto, quel disco è stato suonato anche da Fabio Volo nella sua trasmissione radio “Volo Del Mattino”; questo ci fece entrare anche nella classifica di iTunes, fra Jovanotti e gli U2. Fu molto divertente perché passò il nostro disco alle 9 del mattino, paragonandolo al viagra e incitando tutti a shazzammarlo.

 

 

Da questa collaborazione è nata anche la vostra Nothing is Real. Da cosa è nata l’esigenza di avere una propria etichetta?

L’etichetta è nata da una nostra voglia ed un nostro bisogno di esprimere la nostra visione della musica elettronica, dal desiderio di creare qualcosa di personale. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di distinguerci dalla massa. Stiamo riuscendo a creare un team di artisti, coinvolgendo anche produttori di un certo livello per i remix, per poter arrivare a qualcosa di unico. Nonostante sia nata da soli due anni, grazie a Rebirth riceviamo feedback da Laurent Garnier, Âme, Dixon, Adriatique e molti altri. È davvero soddisfacente. In questo settore ogni artista che si rispetti generalmente ha una propria etichetta su cui può pubblicare tutto ciò che gli altri non hanno voluto pubblicare. Le valutazioni sulle produzioni spesso sono molto soggettive e per questo non sempre un’etichetta si trova in linea con quello che riceve. Noi, volendo rimanere piuttosto underground, cerchiamo di puntare e spingere sulla qualità, dando spazio a talenti emergenti ed artisti poco conosciuti.

 

Il vostro suono richiama molto gli anni ’80 ed il rock new wave. Chi sono le vostre fonti d’ispirazione? Siete molto influenzati da questo genere?

Siamo molto influenzati dal new wave synth pop. Le nostre sonorità richiamano molto al passato, al particolare suono dei sintetizzatori. È un suono piuttosto elettronico, con voci robotizzate e quel tocco quasi fantascientifico proprio della musica di quegli anni. Le band che più ci hanno influenzati sono sicuramente Depeche Mode e Joy Division; siamo dei grossi ammiratori di questi artisti e dobbiamo molto a loro.

 

Quali sono i vostri artisti preferiti nel mondo della musica elettronica?

Nel mondo elettronico, un progetto che ammiriamo moltissimo è quello dei Kraftwerk. Sono geniali in tutto quello che fanno ed il loro live 3D è qualcosa che va visto almeno una volta nella vita se si apprezza questo genere. Per quanto riguarda il mondo del clubbing invece, al momento gli artisti che apprezziamo di più sono i Red Axes. Loro sono quelli che più si avvicinano ad un suono influenzato da rock e new wave e lo si sente sia nelle loro produzioni che nei loro live. Altri artisti che ammiriamo molto sono Kasper Bjørke e Sexy Lazer, grazie a loro siamo usciti sulla label di Amburgo HNF Music con il nostro EP 1981.

 

Il vostro è un mondo della musica elettronica ancora poco esplorato e si potrebbe ancora considerare di nicchia. Vi manca poter sentire più di frequente musica di questo genere nei locali?

In realtà no, ci piace che non si possa ascoltare questo genere così facilmente. Poiché il nostro suono è un po’ diverso dal solito, ci permette di stupire le persone. Le sonorità derivano dal passato, ma nonostante questo sembra essere un genere “nuovo”. Il pubblico apprezza questa diversità; la chitarra elettrica inaspettata durante un set ha un effetto incredibile. Forse perché emoziona e colpisce più di un suono prettamente digitale.

 

Avete suonato in molte città Europee fra cui Berlino, Londra, Amsterdam e Copenaghen. Quali sono le principali differenze che avete notato rispetto alla scena italiana?

Il pubblico è la prima cosa. Nel resto dell’Europa è più preparato verso il nostro genere, piuttosto di nicchia. Abbiamo modo di esprimerci al meglio, ma non possiamo sempre fare grandi azzardi perché lo capiscono che stiamo offrendo una qualità diversa. Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo notato che le migliori feste sono quelle in provincia. A Milano e nelle grandi città in generale le persone sembra quasi che non sappiano nemmeno perché stiano facendo festa. Il clubbing è diventato quasi un must, perché va di moda ritrovarsi in certe situazioni e in certi ambienti.

Un altro dettaglio che si nota nelle altre città Europee è la cura dell’impianto, a cui viene data davvero molta importanza. Ovviamente non è sempre così, ma a volte i locali sebbene non siano il massimo a livello estetico, hanno un suono davvero impeccabile.

 

Considerato il vostro suono, avete in programma un live?

Si, il live è in programma e ci stiamo lavorando da molto tempo. Vorremmo studiare qualcosa di particolare, qualcosa con cui stupire le persone come già riusciamo a fare con i nostri set. Siamo molto esigenti e non ci accontentiamo facilmente; questo rallenta le cose. Abbiamo in mente un progetto articolato, e vogliamo studiarlo davvero bene prima di lanciarlo. Fra produzioni ed etichetta non abbiamo molto tempo, ma sicuramente è uno dei nostri obiettivi futuri.

 

Quali sono i progetti per il vostro futuro? Ci sono nuove uscite in arrivo?

Come già detto nei nostri progetti futuri c’è in programma il live; se tutto procede per il meglio, entro l’anno prossimo dovrebbe essere pronto. Parlando di uscite invece, ne abbiamo una forte in arrivo il mese prossimo su Rebirth Records. Per l’original abbiamo collaborato con Eleonora, una cantante russa che vive a Berlino e collabora con noi nella nostra label. A completare la release i due remix di Perel e Autarkic. Stiamo anche lavorando al prossimo EP, ma per l’appunto è ancora in lavorazione.

 

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